Idee di Potere - Diciannovesima Puntata
L’uomo, per ascoltare quello che la donna ha da dire su se stessa, deve sentirla uguale a sé. John Stuart Mill
“Non può esistere un colloquio autentico tra persone che stiano tra loro in posizione da dominante a dominato, occorre che si sentano pari.”
Scriveva Elena Gianini Belotti nella premessa a quello che è stato uno dei documenti più rivoluzionari del secondo Novecento, con riguardo all’educazione di genere e non solo: Dalla parte delle bambine, un piccolo libro tradotto in quindici lingue e che è arrivato a vendere più di mezzo milione di copie.
L’analisi di Belotti, che di recente ho voluto rileggere, ripercorre tutti i condizionamenti che una bambina e una madre subiscono nel corso della vita.
Mi piacerebbe usare il passato ma, anche se fortunatamente molti dei comportamenti evidenziati da Belotti sembrano superati (come quello di far sentire in colpa le madri se danno alla luce una femmina), tanti altri condizionamenti che fanno sentire le donne “inferiori” e che segnano negativamente la loro capacità di autodeterminarsi esistono ancora.
Ecco che io per prima ho sempre giustificato i toni forti usati dalle attiviste femministe per rivendicare i diritti delle donne. Se per migliaia di anni la nostra voce è stata repressa e adesso riusciamo finalmente a parlare, è naturale dover “urlare” per farci sentire.
Ho sottolineato questa esigenza anche ne Il senso del potere, mi ha aiutata a farlo Barbara Antonelli, che nella sua intervista nel libro ricorda:
“C’è un’oggettiva difficoltà a riconoscere le esplicite discriminazioni lungamente esercitate verso le donne… E se non si riconosce un orientamento discriminatorio, è difficile portare avanti anche delle azioni positive - come le quote di genere - che talvolta vengono addirittura percepite come discriminatorie nei confronti degli uomini.
Eppure, se io ho agito in maniera iniqua, poi quel disequilibrio lo devo riequilibrare, e talvolta questo processo passa per azioni di forzatura.”
Credo però sia giunto il momento di riflettere su come far sentire gli uomini inclusi in questo nuovo equilibrio.
Perché è vero che fino a che l’uomo non sentirà la donna sua pari non la ascolterà, ma se oggi le basi per questo nuovo dialogo ci sono, ecco che diventa fondamentale - per la buona riuscita del dialogo stesso - verificare che il messaggio arrivi in modo efficace.
Una recente ricerca pubblicata dal giornale Time dovrebbe metterci in guardia in proposito.
L’articolo in questione si intitola “The Global Gender Divide We Really Should Be Talking About” e parla del fatto che negli ultimi anni in tutto il mondo è aumentato il divario di idee tra uomini e donne sull’utilità delle politiche femministe, soprattutto all’interno di una generazione: la Gen Z.
I dati della società di ricerca Gallup, citati nell’articolo, mostrano che negli Stati Uniti le donne tra i 18 e i 30 anni si dichiarano liberali per il 30% in più rispetto ai loro pari uomini. Questo divario ideologico di genere è cinque volte più ampio rispetto che negli anni 2000 ed è il più ampio di qualsiasi altro momento storico precedente.
Addirittura, un sondaggio condotto da Equimundo ha rilevato che negli Stati Uniti nel 2023 solo il 47% degli uomini di età compresa tra 18 e 23 anni si dichiara d’accordo con l’affermazione “il femminismo ha reso gli USA un posto migliore”, rispetto al 56% degli uomini di età compresa tra 38 e 45 anni.
Si registrano comportamenti simili nella Gen Z di Germania e Regno Unito, in Corea del Sud e Cina. Non sono note rilevazioni fatte in Italia.
In sintesi, il femminismo non sta avanzando come vorremmo e immagineremmo.
Chi, come me, ha fiducia nella Gen Z, pensa sia una generazione più libera da stereotipi e che può operare un reale cambiamento nella società. Ma questi dati svelano una realtà diversa, una generazione divisa e che se da un lato, quello delle donne, progredisce nella lotta al patriarcato, dall’altro, quello degli uomini, rifiuta tutto ciò che è etichettato come femminista.
Cosa non sta funzionando?
Credo che alla base di questo divario di prospettive ci sia un problema di comunicazione: spesso la narrazione femminista genera fazioni, non unisce.
Nel mio libro ho analizzato diversi casi di movimenti di rivendicazione di diritti di genere, dal #metoo in poi, per arrivare a stabilire che la comunicazione che agevola le prese di coscienza di un potere prima di tutto individuale ma poi anche collettivo (che ricomprende tutti) ha tre caratteristiche specifiche, correlate tra loro:
rappresenta una chiamata all’indagine interiore, senza giudizio o semplificazioni;
punta a collegare tra loro persone che operano la stessa indagine;
fa scoprire dei nuovi aspetti dello stare insieme, tra chi rivendica i diritti e tuttə gli altrə, che possono migliorare la vita di tutti.
Spesso nei legittimi proclami femministi vedo mancare quest’ultimo punto.
Tuttavia, io non sono una esponente della generazione descritta nell’articolo del Time, dunque le mie considerazioni non sono di prima parte. Ecco perché ho chiesto a due colleghə che sono nella fascia della Gen Z di commentare questa notizia e questo è il loro pensiero a riguardo.
Alice: Virginia, come commenti la notizia?
Virginia:
Siamo di fronte all'ennesima separazione tra femmine e maschi e il fatto che questa separazione si osservi sul femminismo e sulla parità di genere è preoccupante, soprattutto perché negli ultimi anni la discussione e la sensibilizzazione su questi temi è aumentata.
A fronte di questa comunicazione, si è creata una polarizzazione: da un lato ci sono forte accoglienza e ascolto da parte delle donne, mentre dall’altro rifiuto o opposizione da parte degli uomini.
Umanamente noi ci opponiamo a ciò che non capiamo e a ciò da cui ci sentiamo esclusi e credo che spesso gli uomini si sentano esclusi dalle discussioni riguardanti la parità di genere.
Alice: Credi che in Italia la situazione sia simile?
Virginia:
In generale, credo che siamo in un periodo di transizione, dove molte dinamiche sono ancora in corso e per questo motivo meno visibili, anche in Italia. In ogni caso io complessivamente vedo dei miglioramenti, su me stessa e sulle persone che sono vicine a me, uomini e donne in egual misura.
Tuttavia, se questo discorso vale soprattutto per gli scambi “offline” su temi come i diritti delle donne, online è tutta un’altra storia. Spesso gli uomini, anche della Gen Z, sono aggressivi e violenti nei dialoghi sui social riguardo questi temi e non solo.
Altro aspetto fondamentale è l’educazione, credo ci sia ancora la tendenza da parte dei genitori e della società intera a educare maschi e femmine diversamente, separando i due mondi fin dalla nascita, come se le bambine fossero escluse dal mondo dei maschi e viceversa, salvo che poi questi mondi si dovranno incontrare.
Alice: Alessandro, come commenti la notizia?
Alessandro:
Non credo che nella generazione Z esista una cultura che veda le conquiste femminili come perdite per il mondo maschile, mi sembra invece che parte dei miei coetanei, stiano semplicemente “fermi” in merito.
Questa paralisi dei giovani uomini dipende dal fatto che alcune correnti del femminismo e la narrazione dei media tendono a individuare nell’uomo un nemico.
Io credo che questo immobilismo sia profondamente sbagliato perché il femminismo dovrebbe spingere gli uomini ad affiancarsi alle donne nella battaglia per l’uguaglianza. Fare un passo indietro, come uomini, è stato necessario in passato ma penso che oggi il movimento deve essere comune, perché solo così potranno verificarsi dei veri progressi per tutti, uomini inclusi.
Alice: credi quindi che in Italia la situazione sia simile a quella descritta nell’articolo?
Alessandro:
Secondo me non si sta verificando un vero e proprio scontro ideologico ma un grosso disequilibrio di interessi, e in questo i media ricoprono un ruolo fondamentale.
Premetto: l’informazione circa la violenza di genere è sacrosanta e necessaria, perché oltre a essere un fenomeno inaccettabile necessita di una fortissima risposta collettiva.
Detto ciò, i media fanno scelte precise riguardo la narrazione dei diritti di genere: spesso narrano proprio le violenze, che sono la punta di un iceberg molto più ampio e complesso, e soprattutto strutturano il racconto in modo da generare sensazionalismo, dunque rivolgendosi a chi ha già interesse nel tema. Ecco che il modo in cui vengono comunicate le istanze femministe non punta a creare una collettività unita contro la violenza, più spesso l’uomo è il “mostro” e la donna rimane “vittima”, oggetto passivo anche nella narrazione.
Per fortuna, esistono molti giovani uomini che rispettano, amano e ascoltano le donne e che condividono le richieste delle lotte femministe ma vengono tagliati fuori dalla narrazione e credo che questo sia un limite per le donne: perché se è vero che le loro problematiche possono essere realmente capite solo da chi le vive, è vero anche che è necessario accogliere gli uomini che vogliono contribuire.
Ovviamente non è solo una colpa dei media o di alcune correnti femministe, ma anche di uomini che se ne fregano, non perché si sentono tagliati fuori ma perché per superare certe barriere c’è bisogno di molte energie mentali e della voglia di mettersi in discussione. Non tutti gli uomini sanno farlo e credo sia giusto mettere in luce anche questa prospettiva.
Sia le parole di Virginia Gandini sia quelle di Alessandro Capurso mi fanno pensare che c’è ancora tanta strada da fare in termini di comunicazione ma anche in termini di educazione, per arrivare a una visione comune e lavorare tuttə insieme per scardinare stereotipi e pregiudizi che in fondo danno fastidio a ognuno di noi, solo che alcuni di noi non si concedono di ammetterlo, poiché vittime di altrettanti schemi di genere.
Da dove ripartire? Ad esempio, rileggendo Dalla parte delle bambine, con un obiettivo preciso: renderlo definitivamente non attuale.
🗓️ Le prossime presentazioni del libro:
- A Firenze, venerdì 26 luglio alle 18.30, alla rassegna Libri sotto le stelle organizzata da Marchisoro HUB
in località Coldaia, 11, San Piero a Sieve, biglietti a questo link.
- A Milano, mercoledì 18 settembre alle 18.30 👉🏾 EVENTO SPECIALE CON POSTI LIMITATI, dedicato al tema della ♀️ rinascita femminile dopo aver subìto delle perdite di potere ♀️
📩 Se siete interessate perché state vivendo o avete vissuto delle crisi personali o lavorative e volete riuscire ad acquisire un nuovo potere, scrivetemi in privato per verificare la disponibilità: alice.siracusano@luz.it
Alla prossima! Abbiate potere.
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Idee di Potere è la logica prosecuzione di Nati per cambiare, il progetto che racconta come si può stimolare un cambiamento in azienda a partire dai nostri desideri e inclinazioni individuali e non dal volere dei nostrǝ capǝ . Volete saperne di più del progetto Nati per cambiare?
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