Diciamo pure che tutti noi abbiano degli schemi e che grazie alla terapia è possibile riconoscerli. Ma come si trova poi lo slancio verso il cambiamento dello schema? Vi avevo lasciate con un indizio: ha a che fare con il diaframma.
Qualcuno mi ha scritto: «È la respirazione!»
Sì, la respirazione sicuramente aiuta. Tuttavia, siccome sul respiro devo ancora migliorare, lascerò il giusto approfondimento ad altre - a tal proposito suggerisco caldamente i corsi della mia amica Roberta Frau - e vi suggerirò di ricorrere a qualcos’altro, che ho sperimentato nella vita e nel lavoro.
È l’umorismo che allena il cambiamento di prospettiva! Ridere di noi stessi ci spinge a porci domande sulla nostra posizione nel mondo, ci consente di metterla in discussione e, ai livelli più alti di consapevolezza, di giocarci.
Non a caso, in alcune manifestazioni patologiche di potere - come l’eccesso di narcisismo o la psicosi da performance - a mancare è proprio questo tratto: tipicamente si tratta di persone che non hanno senso dell’umorismo.
Se queste affermazioni in una qualche misura vi convincono e volete provare a mettere in discussione i vostri schemi di potere legati al lavoro o alla vita privata, provate questo gioco: iniziate a prendervi in giro!
Potete farlo da soli o, se ve la sentite, potete lasciarlo fare agli altri. Questi altri potrebbero essere i vostri collaboratori e collaboratrici, o persone su cui di solito – più o meno consciamente – esercitate una forma di oppressione.
Attenzione: è normale provare un po’ di fastidio vedendo gli altri ridere (sempre e solo con rispetto) dei nostri “tic”, oppure solo al pensiero che possano farlo. È inevitabile: è lo stereotipo del/della manager che è in voi e che non vuole essere messa in discussione.
È la volontà di preservare lo “status” che avete faticosamente ottenuto. Come donna, mi riconosco particolarmente in quest’ultima frase.
Resistete a questo fastidio, state nella situazione, guardatevi da fuori e concedetevi una risata. Soprattutto, sentite come state dopo.
Questo sforzo di “uscire da noi” è ciò che ci aiuta anche a uscire dallo schema, è uno sdoppiamento necessario per costruire un’identità più solida e piena.
A inizio ‘900 George Herbert Mead, esponente autorevole della psicologia sociale, citava un particolare gioco adottato dai bambini per far emergere il proprio sé: si tratta del giocare a “fare qualcuno”. Il bambino o la bambina interpretano qualcun altro che hanno visto, ad esempio un negoziante, o la maestra. In questa situazione i bambini spesso interpretano anche la controparte: colui che vende e colui che acquista, la maestra e l’alunno.
Così facendo, avviano un processo di “sdoppiamento” che risulta fondamentale per costruire diverse visioni di loro stessi, dunque per avere una immagine più chiara del proprio sé, anche a prescindere dall’idea degli altri.
Ridere è una terapia accessibile a tutti. E, checché ve ne dicano, sdoppiare la nostra personalità ci rende pazzamente più sani.
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