Idee di Potere - Ottava Puntata
Sto scrivendo un libro. E quello che amo di più di questa esperienza è lavorare in gruppo.
Come si lavora in gruppo?
Da anni ce lo diciamo e sentiamo dire: dobbiamo lavorare in team, bisogna selezionare persone inclini alla collaborazione, ecc.
Ma raramente ci viene illustrato come questo tipo di lavoro vada svolto, quali sono le regole di un lavoro di un team working stimolante ed efficace per tuttə.
Questo è uno degli argomenti del mio prossimo libro e l'editore mi perdonerà - o meglio farò leva sulla sua generosità intellettuale - se qui anticiperò alcuni temi rifacendomi alle dinamiche di costruzione dello scritto.
Innanzitutto, con la giusta consapevolezza, ognunə di noi sa quale ruolo ha in un gruppo di lavoro. Soprattutto il capo/capa.
Da autrice, ad esempio, ho compreso che mio il ruolo era di dare allo scritto un obiettivo preciso, cioè indagare il senso di potere, e condurre lettori e lettrici all’interno delle riflessioni che ho fatto su questo tema. Al tempo stesso, però, ho ricercato persone che potessero avere altri ruoli in questa impresa.
Ad esempio, dato che nel libro parlo anche della nostra terapia di coppia, ho chiesto a mio marito Alex quanto del nostro privato desiderassimo svelare: volevo fosse una decisione condivisa ma lui ha scelto di lasciarmi campo libero perché non vuole correre il rischio di "censurarmi". Non è il suo libro, dice, e io ho accettato questa volontà, certa che una libertà espressiva sarà benefica e aprirà le porte a una totale autenticità.
Questa libertà da un lato mi avvicina ancora di più a mio marito e dall'altro mi dà la possibilità di illustrare una dinamica importante che dovrebbe sempre manifestarsi all'avvio di un lavoro di gruppo.
Il e la leader devono assegnare i ruoli, ma devono anche saper ascoltare se e quanto i collaboratori sentono quei ruoli addosso. E, per esercitare in modo sano il potere, devono saper cambiare idea e accogliere le visioni altrui.
Questo vuol dire rinunciare al proprio progetto o alla propria visione? No, significa rinunciare a controllare tutto e lasciare che sia il progetto stesso a dettare le sue regole, lasciando spazio alle persone affinché trovino il loro spazio e il loro ruolo.
La libertà che ha scelto mio marito, di raccontare e raccontarci, ha suscitato in me un grande senso di responsabilità e mi ha spinto a tutelare ancor di più la sua prospettiva. Seppur non intromissivo, il suo è un coinvolgimento decisamente attivo.
Diverso è quello della nostra terapeuta: esistono regole molto chiare a proposito della relazione tra pazienti e psicanalista, che devono essere rispettate: è importante mantenere un distacco, perché qualsiasi coinvolgimento al di fuori delle sedute pregiudicherebbe il ruolo di terza parte.
Ed è questa un'altra regola non scritta del team working: se c'è una persona che non si sente di esprimere la sua voce, la quale è però importante venga ricompresa nel gruppo, allora si può trovare - anche insieme - qualcun altro che faccia le sue veci.
Questo presuppone l'ascolto, da parte del o della manager, delle sensibilità oltre che delle condizioni in cui una persona si trova: magari è quella "giusta" per svolgere un ruolo, ma non è opportuno che lo faccia in quel momento.
Il ruolo della nostra terapeuta lo sta esercitando Claudia Campisi, che mi sta aiutando a ricostruire dei dialoghi avvenuti in quella sede. Quello di Claudia è un ruolo prezioso, stretto in un perimetro specifico... e non voglio dilungarmi qui sull'esigenza di ritagliare per tuttə un ruolo che sia chiaro per chi lo assegna ma soprattutto per chi lo ricopre.
In questo gruppo di lavoro c'è poi chi ha il compito di monitorare che la cifra stilistica del saggio rimanga coerente, che i concetti siano chiaramente espressi, comprensibili a tutti, e i dati verificati e aggiornati. È la editor.
Nel mio caso la vivo un po' come co-autrice perché l'idea del libro l'ha alimentata lei, quando abbiamo iniziato a pensare insieme alla rubrica Idee di potere, sul media digitale Dealogando. Lei è Giulia Angeletti e ha il preciso ruolo di dirmi quando sto sbagliando.
Ogni leader dovrebbe darsi, e dare, la possibilità di sbagliare. Se però in azienda c'è una cultura del perfezionismo, le persone non sentiranno di poterlo fare.
Un capo che "non può sbagliare", perché non lo consente a sé stesso/a, sarà una persona spesso frustrata e in ansia, oltre che incapace di innovare, perché l'innovazione presuppone sempre un rischio che lui/lei non è disposto a correre. E i suoi collaboratori e collaboratrici non sentiranno di poter dire al capo che sta sbagliando, anche se spesso sono in grado di capire prima di lei/lui che su un certo progetto ci si sta andando a schiantare.
Ecco che la prima cosa che ho chiesto a Giulia è stata quella di mettermi in discussione: naturalmente conosco le competenze di Giulia e ho sentito che era la persona giusta per questo ruolo.
Finita qui? Neanche per sogno!
Perché un libro ben fatto a parer mio - e dell'editore - non si deve solo poter leggere... si deve poter vedere, immaginare e ascoltare.
E allora servivano competenze specifiche, che io non ho. E per i capi e le cape questa ammissione spesso non è facile, ma se accolta porterebbe a formare le giuste e variegate squadre di lavoro.
Ecco che Elena Brugnerotto si sta occupando di realizzare delle illustrazioni che sintetizzano i concetti dei singoli capitoli. Sintesi che ha realizzato grazie agli stimoli di Claudia, amante del linguaggio visivo.
Insegnamento per i capi: non date per scontato che la persona a cui avete affidato un ruolo non abbia inclinazioni e capacità per farne anche un altro, o per aiutare dei colleghi a svolgerlo.
Si può immaginare un libro?
Sì, se si lavora con persone in grado di inventare immaginari. Io ho questa fortuna: in LUZ lavoro con Gabriella Corrado, che è producer e fotografa e mi ha aiutato a dare una forma fotografica ai concetti del libro. Proprio in questa newsletter vedete alcuni scatti di un racconto di cui si è resa sia interprete che protagonista: d'altronde nel libro parlo spesso di rapporti tra colleghə.
Dare rappresentanza e rappresentazione a chi è protagonista del progetto è importante: non solo la prospettiva del capo deve essere tenuta in considerazione.
C'è poi chi mi aiuterà a trasformare alcuni brani in podcast, chi mi ha arricchito donandomi la sua prospettiva "da esterno" (in ogni capitolo c'è un'intervista) e infine - anzi in principio - c'è chi crede in questo progetto, insieme a me: si chiama Fior di Risorse e pubblicherà questo libro.
Come vedete, siamo una comunità di persone che sta portando avanti un progetto (che è anche una missione), e che ha compreso il valore del lavoro di squadra come l'ho appena descritto.
Non spoilero oltre e mi rimetto al lavoro. Buona fine estate.
Se ti hanno girato questa mail e vuoi iscriverti anche tu:
Idee di Potere è la logica prosecuzione di Nati per cambiare, il progetto che racconta come si può stimolare un cambiamento in azienda a partire dai nostri desideri e inclinazioni individuali e non dal volere dei nostrǝ capǝ . Volete saperne di più del progetto Nati per cambiare?
Visitate il sito: www.natipercambiare.com